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"È un'epifania: l'apparizione per immagini e per parole della luce delle cose. La luce è il sortilegio che fa apparire le cose e che le rende manifeste alla nostra mente. Con la luce prendono contorno gli oggetti che esistono al mondo, inizia la riflessione, iniziano le operazioni ideali di riconoscimento o al contrario di rinnegamento. Si accendono le luci e si dà l'abbrivio al pensiero umano, che inizia sia a ragionare sia a farneticare, tra logica e follia, realtà e fantasia. E così si mette in moto il nostro patrimonio di cultura. L'albero della conoscenza porge i suoi frutti. Con questa formula, "Il contrario della notte", Luca Camberlingo intende definire à rebours - non per sinonimi, ma per contrari, in negativo - le nostre mille e mille epifanie, cioè le apparizioni che aggallano dall'oscurità della notte e che balenano alla luce dei nostri occhi come se fossero rivelazioni, cioè dei concisi messaggi che contengono nella loro lapidaria espressione l'essenza profonda della luce. Sono delle visioni. La visione rappresenta molto di più di un'immagine, perché contiene anche l'interpretazione metaforica delle cose. Anche la Divina Commedia, come bene sappiamo, è stata definita per brevità come un'unica visione di Dante del mondo sovrasensibile, perché contiene la descrizione delle immagini e l'interpretazione della loro epifania. Il poeta Andrea Zanzotto usava l'espressione Dietro il paesaggio, esattamente per indicare il valore complessivo della visione, che è la somma totale di immagine e parola. Nella visione, l'immagine e la parola si fondano in un tutt'uno e diventano qualcosa di nuovo e di diverso dalla semplice fotografia o dal dettato lessicale. Diventano un unico barlume di luce, tanto per usare un'espressione che fu molto cara a Eugenio Montale. È la festa dei colori, a principiare dai due colori fondamentali, il bianco e il nero, che alludono e che simboleggiano gli altri colori, per poi spaziare a tutti i colori dell'arcobaleno. Arthur Rimbaud, come bene si sa, scrisse la poesia Voyelles, in cui assegnò un colore a ogni vocale dell'alfabeto: A nera, E bianca, I rossa, U verde, O blu. Il poeta francese intendeva marcare il significato della sinestesia esistente tra i suoni delle parole e i colori delle immagini, che uniti insieme conducono, come si è già detto, alla visione delle cose, cioè all'interpretazione dell'universo che ci circonda. Probabilmente tra tutti gli esseri viventi, l'uomo è l'unico che riesce ad architettare il fenomeno della visione, cioè riesce a "più vedere", tanto per usare una dizione ancora dantesca: vedere le cose non solo come immagini, ma anche riesce a vedere dentro di esse e a proiettare la visione al di là delle cose o delle persone. Viene da pensare ai Supereroi dei fumetti, i quali posseggono i super-poteri. Ogni uomo, quando descrive una visione, è esattamente un Supereroe che esercita il superpotere della visione. È la visione della postmodernità contemporanea. È un linguaggio visionario multi-espressivo in cui si creano collegamenti tra le differenti aree del pianeta e tra le diverse epoche o stadi dello sviluppo economico, in continuo rincorrere della visione tra le differenti stazioni di questa via lucis laica, sempre in bilico tra la cronaca e la favola, la descrizione e la parabola, l'indagine e il sogno, l'ammirazione e la denuncia. È un viaggio intorno al mondo, ma anche dentro la mente umana, che allinea contrapposizioni e analogie, conflitti e accordi, in un concerto dodecafonico di simboli e di significati, che respinge proprio come la musica dodecafonica il concetto armonico della musica tonale e adotta quello di Arnold Schönberg della pantonalità, cioè di una sensibilità e libertà totale di scelte possibili." (Sandro Gros-Pietro)